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A proposito di olio...


In questi giorni l'olio d'oliva italiano rappresenta il focus ( e il vulnus) dell'informazione agroalimentare italiana, dai grandi vantaggi offerti alla Tunisia con l'abbattimento dei dazi di importazione, alle iniziative del Ministero delle Politiche Agricole volte ad incentivare la qualità del prodotto olio e delle olive da tavola, in una girandole di polemiche che rischiano di confondere il consumatore e il profano appassionato. In effetti le 35mila tonnellate di olio tunisino di cui si discute, autorizzate all’ingresso nell’Ue senza dazi, rappresentano, insieme alle altre 56.700 già previste da precedenti accordi, il 7,8% delle importazioni comunitarie. Ma in Italia, la media dei consumi annui si aggira sulle 800mila tonnellate, a fronte di una produzione di circa la metà. E' evidente da questi dati che la produzione italiana non può in alcun modo soddisfare la domanda interna e. di conseguenza, che l'olio tunisino non sirivali il temibile "invasore" di cui si è parlato.

Ma, secondo Gaetano Pascale, Presidente di Slowfood Italia, "se è fuori luogo gridare all’invasione, non lo è altrettanto interrogarsi sui meccanismi dell’industria olearia. Appena metà dell’olio importato si consuma in Italia, mentre il resto è rivenduto all’estero. Esiste una logica, a parte il profitto, dietro alla scelta di acquistare un prodotto straniero solo per riesportarlo, senza apportare nessun valore aggiunto? Non credo che l’olio tunisino sia un attentato al made in Italy (interroghiamoci semmai sul diverso utilizzo dei prodotti chimici). Lo stesso non si può dire delle olive che circolano nel Mediterraneo e poi diventano “olio italiano”.

Ora, se è vero che l'Italia non può coprire la domanda di olio, è altrettanto vero che il nostro Paese possiede un immenso patrimonio genetico di cultivar, più di 500!

Così, mentre la Spagna eccelle in quantità e Grecia e Tunisia in basso costo della manodopera, l'Italia può fare la differenza sulla qualità. A patto che vengano valorizzate, e proprio sul mercato, le biodiversità e che si combatta l'abbandono degli oliveti secolari per la scarsa convenienza nel raccogliere le olive.

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