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St. Stefanus, un santo in tavola


Nel Medioevo si diffuse nei monasteri del nord Europa, specialmente in Belgio e Germania, la pratica di fabbricare birra. Questa bevanda, che aveva funzione nutritiva, oltre che essere valida alternativa al vino, in quelle zone ben raro; e all’acqua potabile, spesso non pulita; veniva utilizzata dai frati come sostentamento nei giorni di digiuno in periodi di quaresima. In quell’epoca i monasteri fungevano anche da rifugio per viandanti e a volte anche per malati, e la birra fu utilizzata come bene di conforto e di medicamento dai frati ospitalieri. Il consumo di questa bevanda, di antichissime origini, si presume che i Sumeri siano stati tra i primi a fabbricare una bevanda molto simile all’odierna birra, si diffuse presso i popoli del nord Europa.

La tradizione della birra dei monasteri è arrivata fino a noi, e ancora oggi risultano tra le migliori prodotte nel vecchio continente. Tra queste va sicuramente da considerare la St. Stefanus. Nella prima metà del secolo scorso la birra dell’abbazia Saint Stefanus subì una decisiva spinta verso la diffusione sui mercati, grazia ad una serie di casualità fortunate, e fu così che si arrivò ad utilizzare un lievito particolare chiamato Lievito Jerumanos, così definito in onore di colui che contribuì a consolidare l’unione tra lievito e fermentazione. In quegli anni la realizzazione della birra passò dai monaci Augustiniani al birrificio Van Steenberge, situato vicino all’abbazia.

Oggi il mastro birraio, erede dell’antica tradizione è Jef Versele. La st.Stefanus è una birra ad alta fermentazione non pastorizzata che è rifermentata in bottiglia; è prodotta utilizzando tre lieviti diversi, tra cui il Jeromanus, il quale dona alla bevanda il suo sapore distintivo. Jef Versele è il mastro birraio di sesta generazione del birrificio Van Steenberge, alle porte di Gand. ha perfezionato l’arte della produzione di birre di grande prestigio ma lui stesso è ambasciatore del brand nel mondo.

A Roma, per qualche giorno, ha voluto sperimentare un metodo di degustazione insolito, invitando gli ospiti ad abbinare la birra St. Stefanus, con invecchiamento di tre mesi e di quindici mesi, a dei piatti liberamente scelti tra una selezione di proposte del ristorante Dulcamara. Ogni ospite ha potuto così interpretare il particolare gusto della birra seguendo un criterio personale, l’idea di Jef ha ottenuto un risultato interessante.

L’abbinamento che ha riscosso maggior successo è stato quello della birra di tre mesi con il burger di manzo, bacon, cheddar cheese, lattuga e pomodoro; il gusto deciso del piatto si sposa perfettamente con i toni amari della birra. Altro abbinamento ben riuscito è stato quello della birra, sempre di tre mesi, con il Mojito di pollo: pollo cotto a bassa temperatura con salsa di menta e lime, riso venere, anacardi e crostini di pane, dove la leggerezza del piatto viene esaltata dalla freschezza della birra, e le note amarognole della bevanda si esaltano a contrasto con i toni dolci del pollo. Mentre un piatto, dal sapore più deciso, ha trovato felice accostamento con la birra di quindici mesi. Il manzo alle erbe mediterranee con cicoria e saba, ha creato un piacevole contrasto tra il sapore deciso della carne e la dolcezza della saba e il gusto particolare della rifermentazione in bottiglia, dovuta al particolare invecchiamento. Sempre con la birra di quindici mesi è stato abbinato un dolce, il tramezzino di semifreddo al mascarpone con biscotto al cioccolato, la danza tra dolce e amaro fa in modo che i gusti dell’abbinamento si esaltino un con l’altro rendendo al palato un effetto decisamente piacevole. Ci tengo a sottolineare le vasta gamma di prodotti St. Stefanus permettono al consumatore di selezionare una delle proprie birre nei modi più disparati. Le birre, secondo la loro stagionatura possono prestarsi sia a piacevoli bevute con amici, ma anche in momenti contemplativi degustando le birre di maggior invecchiamento.



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