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Il biologico come sistema di difesa dell’ambiente


In queste poche righe non vogliamo costruire un trattato di elogio del biologico, ma portare a conoscenza degli interessati quanto questo sistema sia meno invasivo dell’ambiente rispetto al tradizionale, dove per tradizionale si intende la lavorazione del prodotto agroalimentare utilizzando materiale chimico per migliorare la produttività di questo settore. Negli anni settanta dello scorso secolo in tutto il mondo si è diffusa l’esigenza di far crescere le capacità produttive di un terreno o di un allevamento; da lì sempre più si è propagato l’utilizzo di sistemi chimici per ottenere la miglior resa possibile di tutto il sistema agroalimentare; questo fenomeno ha creato si una migliore produttività, ma come contraltare ha causato un impatto deleterio sull’ambiente e sulla salute dei consumatori. Mai come in questo periodo storico abbiamo assistito alla proliferazione di malattie e intolleranze alimentari, spesso causate dalla estrema diffusione di sistemi di produzione agroalimentare forzati ( nelle quantità e nelle stagioni) ed esageratamente rivolti all’utilizzo della chimica.

Prendendo spunto dal Rapporto Nazionale Pesticidi nelle Acque dell’ISPRA del 2016 possiamo avvalerci di alcune considerazioni per condividere la filosofia del biologico in campo agroalimentare. Il rapporto individua alcuni dati preoccupanti che qui riportiamo a conoscenza del lettore: (fonte ISPRA) “Nel biennio 2013-2014 sono stati analizzati 29.220 campioni per un totale di 1.351.718 misure analitiche, con un sensibile aumento rispetto al biennio precedente. Nel 2014, in particolare, le indagini hanno riguardato 3.747 punti di campionamento e 14.718 campioni e sono state cercate complessivamente 365 sostanze (nel 2012 erano 335). Sono state trovate 224 sostanze diverse, un numero sensibilmente più elevato degli anni precedenti (erano 175 nel 2012): questo dato indica una maggiore efficacia delle indagini condotte. Gli erbicidi sono ancora le sostanze più rinvenute, soprattutto a causa dell’utilizzo diretto sul suolo, spesso concomitante con i periodi di maggiore piovosità di inizio primavera, che ne determinano un trasporto più rapido nei corpi idrici superficiali e sotterranei. Rispetto al passato, è aumentata notevolmente la presenza di fungicidi e insetticidi, soprattutto perché è aumentato il numero di sostanze cercate e la loro scelta è più mirata agli usi su territorio.”


Una situazione grave che ci deve far riflettere su quanto il sistema biologico possa essere importante per la salvaguardia della salute e dell’ambiente. Ma cosa è in realtà il biologico? L’agricoltura biologica è regolata da un disciplinare europeo adottato a livello nazionale da un decreto ministeriale. Il termine "agricoltura biologica" indica un metodo di coltivazione e di allevamento che ammette solo l'impiego di sostanze naturali, presenti cioè in natura, escludendo l'utilizzo di sostanze di sintesi chimica (concimi, diserbanti, insetticidi). Agricoltura biologica significa sviluppare un modello di produzione che eviti lo sfruttamento eccessivo delle risorse naturali, in particolare del suolo, dell'acqua e dell'aria, utilizzando invece tali risorse all’interno di un modello di sviluppo che possa durare nel tempo.

Per salvaguardare la fertilità naturale di un terreno gli agricoltori biologici utilizzano materiale organico e, ricorrendo ad appropriate tecniche agricole, non lo sfruttano in modo intensivo. Per quanto riguarda i sistemi di allevamento, si pone la massima attenzione al benessere degli animali, che si nutrono di erba e foraggio biologico e non assumono antibiotici, ormoni o altre sostanze che stimolino artificialmente la crescita e la produzione di latte. Inoltre, nelle aziende agricole devono esserci ampi spazi perché gli animali possano muoversi e pascolare liberamente. La scelta di consumare cibi di provenienza da coltivazioni e allevamenti biologici si è diffusa in Italia all’incirca agli inizi degli anni duemila, divenuta prima una moda, poi con la presa di coscienza del consumatore sempre più attento, ha conquistato sempre più ampie fasce di mercato, tanto che oggi costituisce quasi una esigenza irrinunciabile.

Tra i primi e più interessanti diffusori di questa “filosofia” è Wendell Berry, poeta saggista ma soprattutto anche contadino americano, autore di una delle più belle frasi sul cibomai recitate prima: “Mangiare è un atto agricolo”. Berry nato nel 1934, ha vissuto in prima persona l’espansione dell’uso della chimica in campagna e si è posto degli interrogativi, rispondendo ai quali ha colto momenti fondamentali per la selezione e la scelta del prodotto da consumare, fondando un credo internazionale sempre più diffuso.

Il mangiare è il momento conclusivo di un ciclo che inizia con la semina e di cui la maggior parte dei consumatori non ha coscienza, ignorando qualità e costi reali di ciò che comprano: quant'è fresco quell'alimento? Quanti chilometri ha percorso dal luogo di produzione, e quanto incide il trasporto sul suo prezzo finale? Quanto incidono i costi dei processi di lavorazione, confezionamento e pubblicità? Quando è stato lavorato? Rispondendo a questi quesiti possiamo si acquistare prodotti migliori e più sani, ma anche influenzare con le nostre scelte il sistema economico che muove l’economia del settore più importante del nostro vivere, visto che il mangiare è l’atto che l’uomo moderno compie più spesso ogni giorno.


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