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L'appassionante racconto del vino italiano



Il vino è la voce più importante nel capitolo dell'export italiano agroalimentare, in poco meno di mezzo secolo da semplice bevanda da tavola, il vino italiano è diventato protagonista del gusto e del sapere gastronomico. L'italia dalla fine degli anni sessanta del secolo scorso, ad oggi, è cresciuta, ha elevato i suoi standard qualitativi, sia nelle eccellenze sia nella bottiglia da consumo quotidiano. Fu proprio agli inizi degli anni settanta, che grazie alla caparbietà di alcuni coltivatori, si passò dalla produzione del contadino, quel vino realizzato con vigne ad alta produttività, quello prodotto senza scartare nessun grappolo, quello realizzato senza procedere in modo sistematico alla potatura, quello dove per ogni ettolitro di prodotto si aggiungeva una generosa dose di prodotto chimico, quello che enfaticamente si celebrava come "vino del contadino", arrivando al moderno concetto di vino.

Fu proprio grazie a quello sparuto gruppo di vignaioli, capostipiti delle grandi famiglie del vino italiano, e grazie anche a sommelier e studiosi come Walter Filipputti e Luigi Veronelli, che i principi di produzione subirono un processo evolutivo che ha portato ai risultati di oggi: il vino italiano è sicuramente tra i migliori dell'intera produzione mondiale. E' questo il tema conduttore che Walter Filipputti ha affrontato nella sua meritori opera "Storia moderna del vino italiano", 500 pagine e centinaia di splendide immagini per descrivere il meraviglioso viaggio del vino italiano negli ultimi 50 anni. Volume edito da Skira che Filiputti ha elaborato attraverso la sua esperienza e la sua memoria e la sua passione.

Figlio di ristoratori e ristorato lui stesso, poi sommelier e vignaiolo, Filiputti è oggi anche docente universitario: L'idea del libro gli è nata proprio durante una sua lezione, stimolato dalle continue domande degli studenti, Walter si è reso conto che in modo del tutto spontaneo e naturale poteva trasformare il suo bagaglio cognitivo in un lavoro scientifico ed organico sulla carta.

L'invenzione del moderno vino italiano, avvenuta nei primi anni '70, in realtà è la scoperta delle sue immense potenzialità, delle sue preziose biodiversità, delle nuove e sostenibili tecniche di vinificazione, dell'introduzione di buone regole, con l'entusiasmo e la capacità produttiva di agricoltori che hanno saputo ripartire da zero, il talento spontaneo nel convincere i compratori esteri, il formidabile vettore promozionale del vino offerto dalla qualità unica della cucina italiana. Non è una storia qualunque, specie se a raccontarla è un uomo appassionato ed esperto come Walter Filipputti, gran produttore e protagonista a 360 gradi del mondo del vino.

Il suo libro, presentato oggi alla Stampa estera a Roma insieme ad Alessandro Scorsone e Stefano Carboni, tutto ci racconta dello sviluppo virtuoso e proficuo della produzione e del mercato del vino italiano ma molto ci racconta anche della storia del nostro Paese, offrendo spaccati di imprese agricole che hanno saputo ricercare, innovare fino a diventare i primi esportatori di vino nel mondo e lasciando intravvedere una strada vincente percorsa recentemente dai produttori: la promozione attraverso il territorio ed il legame profondo che esiste tra qualità, varietà di vino, paesaggio, biodiversità, patrimonio culturale. Una condizione che solo noi italiani possiamo vantare in tutto il mondo. E così siamo oggi alla terza generazione di "nuovi produttori": i nonni non sapevano parlare l'inglese e non viaggiavano, i nipoti oggi sono laureati, poliglotti, padroni delle nuove tecnologie, ma non dimenticano tutto il sapere di chi li ha preceduti.

"Due sono gli uomini che hanno contribuito al rinascimento del vino italiano - afferma Filipputti- uno è l'ex oste Schioppetto, che ha inventato il vino bianco, l'altro è ....con il Tignanello". Ma gli inizi sono stati duri: il vino di produceva con la chimica, non si prestava attenzione alla ricchezza e alla varietà dei vitigni, tanto che Filipputti riporta un episodio: " Un giorno Robert Mondavi ( il grande produttore californiano) fu portato da Angelo Gaja nella sua tenuta La Mora. Mentre Gaja parlava fu zittito e Mondavi disse: Silenzio se non svegliamo gli agricoltori che dormono...ma vi rendete conto di quanto potreste vendere? Svegliatevi!-.

Così, i produttori più attenti, una piccola comunità di esperti e appassionati cominciò a viaggiare, affidandosi ad enologi di fama mondiale Emile Peynaud, il quale suggerì di rispettare molte regole ( più i divieti che le proposte...); così il freddo in cantina ha sostituito, per fortuna, la chimica nella vinificazione: da 700 mg di solforosa per bottiglia siamo arrivati a 70 mg. Senza contare l'eliminazione del ferrocianuro di potassio. Insomma, il vino italiano, spesso considerato un "cancaron", oggi è più buono, più salutare e invecchia bene.

Tutti i guadagni sono per molti anni stati reimpiegati nell'innovazione tecnologica, nel miglioramento del lavoro in vigna, in personale qualificato, Così Villa Banfi, da distributore di Lambrusco, è diventato grande produttore di Brunello, reinvestendo i suoi profitti in un prodotto di alta qualità e appetibile all'estero. Il reddito del vino, sostiene Filipputti, i sviluppa in 20 anni...


Vini autoctoni: Flipputti fu protagonista, insieme a Gianola Nonino, della battaglia per la salvaguardia del Pignolo, un vitigno autoctono del Friuli che ha rischiato l'estinzione a causa di problemi burocratici. Un Pignolo che, pur essendo sconosciuto all'estero, e coltivato solo nella sua terra di origine, ha conquistato rapidamente il mercato americano. L'affermazione dei vini italiani autoctoni all'estero( cioè prodotti con vitigni che esistono da secoli solo in una determinata località e non sono internazionali) è il risultato di un duro lavoro che dovrebbe far riflettere: forse gli italiani non hanno grande consapevolezza della ricchezza che hanno e di quanto all'estero amino i nostro prodotti.

La cucina ed i prodotti tipici italiani sono stati e saranno sempre di più un fattore determinante nella promozione del vino...non a caso Flipputti ha portato in degustazione prodotti della sua terra come la trota affumicata, salumo e formaggi di qualità. Vino e cucina italiani del resto " sono splendidi biglietti da visita"- ha dichiarato Alessandro Scorsone, sommelier, giornalista, maestro cerimoniere di Palazzo Chigi- "Renzi regala agli ospiti delle bottiglie di vino italiano, che vengono molto apprezzate, tanto che poi ci chiedono informazioni per l'acquisto".

E, se è vero che il nuovo vino italiano ha conquistato il mondo, è altrettanto vero che il 50% è ancora da fare: manca ancora una rete, una capacità di fare sistema.

In compenso, come ha dichiarato Alessandro Scorsone, possediamo dei gioielli che fanno ben sperare per il futuro: la Scuola di potatura Simonit e Sirch di Cormons, in Friuli, sforna giovani richiesti in tutto il mondo, dalla Francia a Cile, dagli Usa al Sudafrica. "La potatura da' onore e dignità a chi lavora: se la potatura è mal realizzata il vino sarà cattivo" conclude Filipputti.

In vigna e in cantina l'intelligenza, la passione e la capacità tecnica dell'uomo possono produrre dei capolavori Made in Italy.




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