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Viaggio goloso fra Tuscia e Maremma

Percorriamo la via Cassia, partendo da Roma in direzione di Viterbo: il viaggio è cominciato di buon ora, la prima tappa dell'itinerario è decisa: devo assolvere un impegno che da tempo mi ripromettevo di mantenere, andare a visitare l'Azienda Agricola San Bartolomeo, dove si allevano polli e galline da uova. Ormai da anni sul mercato della capitale, e non solo, il nome dell'azienda si è imposto come marchio di qualità, sia per le uova che per le carni di pollo e di tacchino. L'azienda creata da Silvio Marsan, all'incirca venticinque anni fa, è impostata interamente al biologico. La scelta di allevare i volatili a terra, nutrendoli solo con mangimi naturali, per lo più prodotti all'interno dell'azienda stessa, si è rivelata più che giusta. La razza allevata è la Maran, che produce ottima qualità di uova, dal caratteristico guscio molto scuro, e dal sapore pieno. La Maran non è solo razza ovicola pregiata, ma anche le sue carni possiedono alti valori organolettici. La razza è tra le più adatte ad un allevamento ruspante, quindi l'alimentazione degli animali si integra con quanto il territorio mette a disposizione delle galline: erba, insetti e vermicelli. Anche i tacchini sono allevati seguendo gli stessi principi. La produzione dell'azienda si completa attraverso l'olio d'oliva extra vergine, infatti proprio da qui parte la grande estensione della Tuscia particolarmente vocata alla coltivazione dell'olivo e alla produzione dell'extra vergine, territorio che si estende fino ai confini con la toscana.

Lasciamo a malincuore la tenuta di Vetralla, Silvio insiste per guidarci anche nelle altre aziende, infatti sotto il marchio San Bartolomeo operano quattro imprese agricole tutte dislocate nel viterbese. Purtroppo dobbiamo rimandare, il nostro itinerario deve proseguire.

Lasciamo la via Cassia e ci dirigiamo verso il mare, in direzione dell'Aurelia. La prossima tappa è l'antica Corneto, oggi Tarquinia. Sembra che il nome Corneto sia stato sostituito nel 1922, troppo assonante con un termine ingiurioso. Tarquinia è stata capitale etrusca, piena di testimonianze di questa cultura, che si estendono ben aldifuori dei suggestivi scorci medioevali, nelle tombe e nelle testimonianze della grande civiltà etusca. Siamo quasi arrivati a Tarquinia, quando lungo la strada provinciale notiamo una lunga fila di auto parcheggiate sul ciglio della strada, ciò significa che la necropoli oggi è aperta alle visite. Siamo a una manciata di chilometri da Tarquinia alla necropoli di Monterozzi: le sepolture sono numerosissime, oltre seimila, per la maggior parte scavate nella roccia e sormontate da tumuli, da cui il nome di “monterozzi”.

La necropoli si compone di circa 200 tombe dipinte (risalenti a un periodo che va dal VII al II sec. a.C..) tesoro prezioso di quest’area archeologica che è una delle più importanti dell’intero Mediterraneo. Tra le tante tombe sono imperdibili le più importanti e famose, come quella dei Giocolieri, quella delle Leonesse, quella dei Leopardi o della Caccia e della pesca, di cui le raffigurazioni sono famose in tutto il mondo.

Si è fatta quasi l'ora di pranzo, abbandoniamo Tarquinia, imbocchiamo l'Aurelia in direzione di Montalto di Castro, qui ci aspetta un amico, Gianni Bono: Cuoco indigeno, estroso e dalle mani felici, autore di una cucina fondata su prodotti di qualità e a chilometri zero. Ci aspetta nel suo ristorante Capriccio di Mare, le proposte variano da piatti di terra e ricette a base di pesce. Il locale è semplice, nessuna pretesa di sovrastruttura formale, comunque il servizio è attento e preciso. La cantina è composta da etichette di sicura qualità, con produttori anche prestigiosi.

Il pescato è solo quello del giorno e comprato dai pescatori locali. Notevoli gli abbinamenti tra i prodotti dell'orto e il pesce. L'olio manco a dirlo è quello di Canino, utilizzato sia in cucina che a crudo.

Abbiamo ordinato un gran crudo di pesce, filetti di baccalà fritti (davvero impareggiabili, dove il baccalà e lasciato marinare in un composto ideato da gianni di latte e olio, di cui la ricetta rimane un segreto del cuoco). Tagliatelle alle vongole e tartufo dei monti della Tolfa, Tagliolini burro e parmigiano, che hanno superato quelli rimasti nella mia memoria, e non solo la mia, di Alfredo alla Scrofa. Pila veccia ai frutti di mare, un risotto unico realizzato con il riso di Ferron, la riserva chiamata appunto pila veccia, della famiglia veronese. Insalata di seppie con verdure di stagione ha concluso il nostro viaggio gastronomico. Con difficoltà ci alziamo da tavola, dobbiamo raggiungere Canino prima che i frantoi chiudano.

Canino è una piccola cittadina, arroccata sulle colline dell'entroterra prossimo al mare della Maremma, le origini del borgo sono etrusche, ma il massimo splendore lo raggiunse nella seconda metà del 1400, quando fu dominio della famiglia Farnese, e dove nacque Alessandro Farnese poi divenuto Papa Paolo III. Il territori Nel suo territori da non mancare una visita al castello di Vulci. Ma il motivo principale che ci ha spinto a questa visita è sicuramente la produzione dell'olio, qui nasce l'oliva autoctona, la caninese, ed altre cultivar allevate in misura minore: il leccino pendolino, maurino e frantoio.

L'olio che si produce è prevalentemente monocultivar di caninese, ma ottimi anche i blend realizzati assemblando quest con la altre cultivar. L'olio è certificato DOP, e trova un'ottima distribuzione in molte regioni italiane.Le caratteristiche di questo extra vergine di oliva sono: un aspetto limpido e brillante, Aspetto: limpido – brillante (oppure opaco se non filtrato) di colore verde smeraldo con riflessi dorati., il sapore è deciso, con aroma di fruttato con retrogusto amarognolo e piccante, al naso risulta pieno e gradevole che ricorda il frutto sano, fresco appena colto al punto ottimale di maturazione, con acidità molto bassa. Nel territorio sono disseminati numerosi frantoi, tutti producono ottimi oli, e tutti seguono le regole essenziali per raggiungere i massimi livelli di produzione: la raccolta avviene per brucatura, le olive raggiungono il frantoio dopo poche ore dalla raccolta, e vengono frante entro le ventiquattro ore. La frangitura avviene con i più moderni sistemi che assicurano una spremitura a freddo e nel pieno rispetto delle regole igienico sanitarie.

Lasciamo Canino e ci spingiamo oltre la Tuscia, approdando in Maremma: prendiamo la strada per Saturnia dove trascorreremo la notte in uno dei tanti confortevoli agriturismi della zona. Lasciamo i bagagli, una doccia e via a cena. A Manciano ci aspettano Giampaolo Costoloni e Barbara Cannarsa, il loro ristorante la Filanda dista pochi chilometri da dove alloggiamo ed è a Manciano. Il ristorante, ricavato nelle antiche mura di una vecchia filanda, è un locale di eleganza discreta dove il servizio è curato, le preparazioni sono tutte espresse, e dalle mani esperte di Barbara, che aggiunge quel pizzico di fantasia ai sapori della tradizione del territorio. In sala Giampaolo si destreggia tra i tavoli e la cantina; le etichette proposte in carta sono molteplici da quelle del territorio alle più prestigiose d'Italia. Il menù è stagionale e prevede una sezione solo vegetale e proposte più tradizionali.

Abbiamo scelto un mix di appetitosi crostini, con patè di fegatini, lardo, salsiccia e stracchino di Manciano e un alici e burro dove le alici son pestate nel mortaio. Abbiamo proseguito con tagliatelle al ragù di cinghiale, gnudi di ricotta con pancetta e zucca e l'immancabile acquacotta. Tra i secondi abbiamo scelto: peposo di cinghiale e baccalà in tempura di mais. Un percorso gastronomico attraverso i sapori più veraci della Maremma.

Il mattino seguente, prima di lasciare la Maremma, ci siamo goduti un bagno nelle cascatelle delle acque termali di Saturnia, Presa la strada del ritorno invece di prendere l'Aurelia ci siamo diretti verso Viterbo, una sosta immancabile per visitare il borgo medievale di San Pellegrino e la piazza del Palazzo dei Papi e della Cattedrale. Il viaggio è terminato, il nostro bagaglio è ricolmo di magnifiche esperienze storico culturali e di magnifici percorsi gastronomici, tra i sapori di una terra ricca.


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