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Portuense chiama Tokyo, apre Aiki Pub, la spizzicheria nippo-romana



di Massimo Cerofolini


La curiosità per il Giappone, quella ce l’ha sempre avuta, attraverso lo studio della cultura e la

pratica di arti marziali del Sol Levante. Anche quando lavorava come ingegnere informatico per il Comune di Roma. Solo che intorno ai 40 anni l’interesse è dilatato in urgenza e l’urgenza in svolta operosa. È così che è cominciata la seconda vita di Carlo Cocorullo, maestro di Aikido con diploma preso nella terra dei samurai, che nel 2017 molla l’impiego sicuro e si addentra nel suo personale sentiero di rinascita. Che lo porta prima ad aprire un Dojo al quartiere romano del Portuense, il Takemusu, palestra dove tutt’ora si raccoglie una fedele comunità di praticanti, e di recente all’apertura, nella stessa zona, di Aiki Pub, una izakaya, ossia la classica locanda giapponese che è un misto tra una taverna per bere tra amici e un’osteria dove assaggiare qualcosa di semplice e verace.



Carlo Cocorullo nella sua palestra


“L’izakaya - spiega Cocorullo, 51 anni, napoletano di nascita e nippo-romano d’adozione - è il tipico luogo che i giapponesi frequentano per vivere un’atmosfera conviviale, una sorta di spizzicheria, in genere di pochi metri quadrati, dove degustare una varietà di piattini da dividere insieme, accompagnati da sake, shochu, gin, cocktail e whiskey, partendo sempre da un boccale di birra. Bene, questa modalità di incontro, schietto e informale, abbiamo provato a riprodurla a Roma, in un piccolo ambiente con dehors arredato secondo i principi minimalisti dell’Oriente. Volevo un posto che mi facesse sentire in Giappone quando ne sentivo la mancanza, senza dover prendere l’aereo per un bicchierino di sake o un takoyaki fatto a dovere”.

A curare le ricette è Satoko Nishiumi, maestra d’asilo di Osaka, che ha portato nella Capitale i ricordi della sua cucina casalinga e li ha tradotti in una serie di proposte come yakitori (bocconcini di pollo, pesce, verdure o tofu infilzati su bastoncini di bambù e grigliati), sunomono (insalata di cetriolini), tempura (con pangrattato giapponese panko), oltre a donburi, okonomiyaki, bao e udon.

Spiega il titolare di Aiki Pub: “Si possono scegliere alla carta, in piccole porzioni da convidere nel tavolo a prezzi dai 3 euro in su, oppure ci si può affidare al percorso omakase, “mi affido a te”, un menu a degustazione con tanti piatti che vengono preparati al momento in accordo con le bevande scelte”.

Ed è proprio la lista dei drink il vero asso della manica del locale. Messa a punto dal barman

Giuseppe Totaro, si pone come un’introduzione preziosa al mondo del sake e del bere nipponico. In quanti per esempio sanno che questo fermentato di riso, per molti di noi da un unico sapore, si declina invece in un’ampia varietà di forme e gradazioni, che possono essere fredde, calde, ferme, frizzanti, aromatiche o secche? “Per ogni bottiglia poi c’è una storia da ascoltare, un produttore da scoprire, un’essenza segreta da cogliere”, racconta Cocorullo. Come pure per la selezione di gin e whisky importati dall’arcipelago del Pacifico, che vanta una pratica distillatoria in cui oltre ai cereali prendono posto specie botaniche come lo yuzu, il tè verde o il pepe sansho. Non manca, per i nostalgici della nostra tradizione, anche l’opzione di Spritz o Gin Tonic declinati in chiave giapponese.

Nel pomeriggio poi Aiki Pub diventa sala da tè, con un’accurata selezione di infusi e tisane

pregiate, abbinabili a dolci fatti a mano, con qualche mescolanza tra ingredienti nipponici e concetti occidentali (assaggiato un ottimo tiramisu col tè verde al posto del caffè). “Aiki - conclude Cocorullo - è un luogo di incontro e di scoperta, dove il mio amore per la tradizione giapponese si esprime anche mediante corsi, degustazioni guidate e workshop su questa cucina che è un’opera d’arte offerta a tutto il mondo e che è un onore far conoscere ai romani”.

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