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Quanta fantasia ebraica nella cucina romana


I pomodori "a mezzo" di Italia Sonnino


Se esiste una cucina romana famosa nel mondo il merito è in gran parte del mondo ebraico. È dalla fantasia di questa comunità, presente nella Capitale da quasi seimila anni, che nascono infatti alcuni dei piatti più celebri, come la coda alla vaccinara o il carciofo alla giudia. A raccontare le origini e i significati di questa tradizione gastronomica è stato un evento che nei giorni scorsi ha portato nel Ghetto settanta tra cuochi e giornalisti. Con due protagonisti: il Rabbino Capo di Roma, Riccardo Di Segni e la “maestra di cucina” Italia Sonnino Tagliacozzo, infaticabile anima del ristorante La Reginella di Roma, a Portico d’Ottavia.



Il carciofo alla giudia


Quando si prende in giro qualcuno si usa dare del baccalà e del carciofo. Ma qui non si scherza. Neppure sui carciofi alla giudìa, frutto delle recenti polemiche tra la comunità di Roma e quella di Gerusalemme raccontate dalla stampa. “Non c’è stata nessuna divergenza di vedute – precisa il Rabbino Capo di Roma Riccardo Di Segni – sollecitato sul tema – C’è massima attenzione e rispetto delle regole che impediscono il consumo di vegetali che possano celare vermicelli o insetti al proprio interno. Ma il carciofo romanesco ne esce scagionato e innocente da quella partita incriminata che pare essere arrivata in Israele dall’Italia, e non conforme ai dettami. E io stesso mi sono recato a vedere cucine e ortaggi affinché fosse escluso qualsiasi ragionevole dubbio”, chiude il Rabbino Capo.


Ma è la Kasheruth che cattura l’attenzione di avventori in questa serata organizzata dall’imprenditore della ristorazione Angelo Di Porto e da Daniel Della Seta, giornalista, autore e conduttore della trasmissione Rai L'Italia che va". Avverte Di Segni: “Si può dire kòsher o kashèr, ma se dite – come sento spesso – koshèr fate soltanto ridere”. Tra assaggi e degustazioni, ecco l’approfondimento sulle regole religiose ebraiche. Il Rabbino Di Segni, spiega con qualche battuta i capisaldi dell’alimentazione ebraica con i divieti di consumare latte e derivati assieme alla carne: “E’ un tema estremamente vasto, quindi in questa sede possiamo trattare solo alcuni aspetti essenziali” - precisa Rav Di Segni, che è anche medico radiologo. “Già nei primi libri della Bibbia l’alimentazione era disciplinata”. Le leggi dell’alimentazione ebraica affondano le radici nella Bibbia e vengono osservate dagli ebrei da più di tremila anni. I principi fondamentali della kashéruth sono illustrati nel Pentateuco e sono definiti statuti, ossia leggi di cui non ci viene data alcuna motivazione comprensibile dall’intelletto. Tuttavia, i rabbini hanno sempre sottolineato il loro ruolo essenziale nella preservazione della vita dell’ebreo. Le leggi fondamentali che definiscono quali animali, uccelli e pesci sono kosher, sono illustrate in Levitico, cap. XI. “Due sono le caratteristiche che rendono kashér un animale: per quanto concerne i quadrupedi, gli animali devono avere lo zoccolo fesso ed essere ruminanti. Sono dunque permessi: mucca, capra, pecora, mentre sono proibiti naturalmente il maiale, il cammello, il cavallo, il coniglio... E poi sono vietati insetti e vermi…”. Quali sono le spiegazioni? “Molte interpretazioni sono state date, ma spesso parziali. Ci sono anche delle spiegazioni di tipo medico: Maimonide, medico e illustre intellettuale ebreo del Medioevo, affermava che questo tipo di alimentazione fosse anche salutare; ma conta anche la quantità di cibo!” Una battuta e risate in un’atmosfera di festa a rammentare anche il suo profilo di medico - Come nella Pasqua ebraica, da poco conclusa, durante la quale ci sono regole supplementari – chiude Rav Di Segni - “in questa festa esaltiamo i nostri valori più alti: il colesterolo, i trigliceridi…”.

Fare cultura attraverso i piatti e gli ingredienti e le antiche ricette sapientemente trasmesse da madre a figlia e talora rubate anche alla tanto criticata suocera, talora portatrice però di segreti di famiglia: questo l'obiettivo ambizioso che abbraccia le diverse generazioni. “Ognuno può scrivere e dire quel che vuole, ma ciascuno di noi ha la propria cifra e porta nel piatto la storia della propria famiglia - assicura Italia Sonnino Tagliacozzo - per tutti oramai "Nonna Italia", 80 primavere portate con sobria eleganza e cura di sé, testimone e autentica icona del Portico d'Ottavia dove sovrintende con piglio e maniacale attenzione la cucina de La Reginella


Rabbino Riccardo Di Segni, Angelo Di Porto, Italia Sonnino, Daniel Della Seta


Già pioniera e imprenditrice nel campo della moda negli anni '50, la sua altra grande passione, tre figlie, 9 nipoti e 4 bisnipoti, Nonna Italia si è rimessa in gioco e, con la sua nota pervicacia ha affiancato il nipote Angelo nella sua nuova sfida imprenditoriale "del gusto". Si aggira tra i tavoli assicurandosi che tutti siano a proprio agio servendo con un tocco da artista l’olio di un grande e premiato Giorgio Franci sulle pietanze che ha personalmente composto tra presentazione, e sensazioni organolettiche. Il peccato vero è non assaggiare quella tavolozza di sapori sulla tavola imbandita.


“Vogliamo recuperare la tradizione e la qualità della materia prima nella cucina ebraico-romanesca con la consapevolezza di essere custodi di alcune delle più antiche ricette della tradizione e nell'assoluto rispetto della Kasheruth - sottolinea - le rigide regole alimentari ebraiche, improntate in primis alla separazione di latte e carne”. "Non cucinerai mai il capretto nel latte di sua madre, recita la Torah, e sono numerosi divieti di consumo di tanti alimenti e specie animali.

Nonna Italia ha pensato di proporre loro un percorso gastronomico attraverso i sapori dei piatti ebraico-romaneschi, nel rispetto della stagionalità. Convivialità e aneddoti si intrecciano tra storie personali e simbolismi biblici interpretati da Rav Di Segni.


Italia Sonnino e Arcangelo Dandini


"A parte i carciofi alla giudìa di cui tanto si è parlato - aggiunge Nonna Italia senza alimentare la polemica dopo gli ultimi fatti di cronaca e il disconoscimento del carciofo alla giudìa da parte del rabbinato di Gerusalemme – è stata una ghiotta occasione per gustare un ricco assaggio di antipasti con proprio i carciofi nella versione artistica alla giudìa, (il carciofo è tagliato come fosse una rosa), e fritto dorato, poi i celebri aliciotti con l'indivia, la "concia"di zucchine, che devono essere romanesche - precisa - fritte e insaporite con aglio, erbette e prezzemolo; poi i pomodori "a mezzo". Tra i primi, un piatto tipico di mare come i ravioli di spigola fatti in casa, con bottarga; per i secondi un baccalà alla romana e abbacchio alle erbette. Per una chiusura con crostata di visciole con la mia marmellata fatta in casa, con la margarina al posto del burro per rispettare le regole della Bibbia. Tutto bagnato da un bianco e rosso kasher Efran, nettare israeliano fra le tante etichette di qualità fra cui spicca un Syrah Gamla di rara intensità e sentori”.


Cura particolare viene posta nella scelta degli ingredienti, tutti rigorosamente selezionati, prevalentemente poveri e di stagione. Tanta attenzione permette di conoscere la composizione esatta dei piatti facilitando la vita a tutti coloro che hanno intolleranze alimentari. “Tra i piatti legati alla forte tradizione a carattere prevalentemente familiare, tramandata da nonna a nipote, nel corso dei secoli oralmente, la crostata di ricotta e visciole è un grande classico, un dolce irrinunciabile della cucina ebraica romana. Io ne faccio una mia versione - sorride Nonna Italia in versione maestra di cucina”.


“Non sono una maestra” - si schernisce – “ma ho a cuore che le nuove generazioni e chiunque venga qui a mangiare si portino via un ricordo e una memoria delle prelibatezze che tramandiamo...e che torni qui come fosse in una grande famiglia, una tavola allargata pronta a ricevere sempre l'ospite. Questo ci insegna la nostra filosofia di vita e religiosa. La porta va tenuta sempre aperta”.

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