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Sofia, dal riscatto del manager senza lavoro la pizza napoletana di qualità



Domenico Maione e Massimiliano Ceccarelli


Aveva 52 anni, Domenico Maione, quando nel 2015 la sua brillante carriera di manager alla

Goldman Sachs viene interrotta di colpo da una di quelle decisioni algide e brutali del mondo

finanziario: chiusura della sede romana e tutti i dipendenti via, a casa. Ci ha anche provato a bussare alle porte di qualche azienda del settore. Ma alla sua età, si sa, le cose si complicano. E allora si è ricordato di essere un’eccezione nella sua famiglia di panificatori campani: l’unico nella nidiata di parenti che non aveva percorso le strade dell’arte bianca. Valeva la pena, vista la situazione, affidarsi a quel sangue trascurato che ancora doveva scorrergli dentro. Sì, avrebbe aperto una pizzeria. Una pizzeria napoletana dal sapore autentico, intitolata Sofia, come la Loren, che da bambina giocava nei vicoli di Pozzuoli con sua mamma. La sorte non l’aiuta, però: un anno per trovare il locale in pieno centro, tra Campo de’ Fiori, il Pantheon e piazza Navona, un piccolo spazio di 70 metri quadri prima occupato da una modesta pizzeria a taglio; poi un altro anno in attesa del nulla osta dei lavori da parte della Sovrintendenza; quindi ci si mettono la pandemia e qualche altro intoppo. Alla fine, le nubi di diradano, il progetto è pronto a partire.


La pizza provola e pepe


Manca solo un elemento: un grande pizzaiolo. Lo trova, consultando Linkedin, in Massimiliano Ceccarelli, noto come Max Crunch, spesso compagno di avventure nei video della neostar di YouTube Franchino er Criminale, celebre per le sue recensioni senza sconti dei ristoranti, e soprattutto forte di un curriculum lungo 25 anni che mette in fila i primi passi con Gabriele Bonci nella mitica scuola di Angelo Iezzi e anni di lavoro nei forni più premiati d’Italia, da quello di Giancarlo Casa a quello di Ciro Salvo. E proprio da 50 Kalò di Salvo, santuario venerato da chiunque faccia questo mestiere, che Maione lo trappa presentandogli il suo progetto temerario: fare un prodotto di alto livello in una zona della capitale dove il passaggio continuo di turisti indurrebbe a offerte più sbrigative.



La pizza Sofia


Ecco allora che nelle mani di Ceccarelli gli impasti ricevono le cure delle pizzerie contemporanee, con lievitazioni di 24 ore, unite allo stile della Napoli più vera. Risultato: cornicioni lievemente pronunciati, leggera fragranza in bocca, gusto pieno e sincero da vicolo dei Quartieri Spagnoli. Ben presenti tutti i classici, dalla margherita alla salsiccia e friarielli, con alcune proposte più elaborate, come la Sofia (scarola, olive di Gaeta, pomodorini di datterino, capperi e aglio) o la Gialla provola e pepe (la più convincente della degustazione). Ovviamente fornito a dovere anche il reparto fritti, con l’immancabile montanara, le crocchè di patate e la frittatina di pasta, accanto al calzone cicoli e ricotta. Curiosa la pizza all’acqua (perché carica di peperoncino chiama un soccorso idrico immediato), mentre la più richiesta dal popolo degli stranieri è la diavola col salame di Monte San Biagio.


Tra gli ingredienti, selezionati dal responsabile delle preparazioni, vale la pena di segnalare la

mozzarella di bufala di Fondi, il fiordilatte La Sorrentina, i pelati Torrente, l’olio Flaminio e la

farina del Molino Fagioli. “Una pizza pensata a Napoli e sfornata a Roma”, sintetizza con filosofia Ceccarelli, che si occupa da solo delle farciture. Carta dei vini corta, con le cantine campane al centro, prezzi un po’ sopra la media ma adeguati alla qualità, Sofia offre un ambiente ridotto ma ben organizzato con piccoli tavoli e le maioliche bianche e blu di Vietri sul mare.

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